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Corpi minori
- Letto da: Pietro Turano
- Durata: 9 ore e 54 min
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Sintesi dell'editore
I corpi minori sono corpi celesti di dimensioni ridotte: asteroidi, meteore, comete, ma in questo romanzo "minori" sono tutti i corpi osservati sotto la lente del desiderio. Desiderio che fa gravitare i personaggi attorno ai sogni e alle ambizioni di una vita, o solo di una stagione. Come accade al protagonista, che all'inizio della storia ha vent'anni, più di un talento ma poca perseveranza.
Di una cosa però è sicuro, vuole andarsene da Rozzano, percorrere in senso inverso i tre chilometri e mezzo di via dei Missaglia, lasciarsi alle spalle l'insignificanza e la marginalità e appartenere per sempre alla città, dove spera di trovare anche l'amore, che sin dall'adolescenza insegue senza fortuna, invaghendosi di ragazzi tanto belli quanto sfuggenti.
In una Milano ibrida e violenta, grottesca e straripante – che sembra tradire le promesse di quiete e liberazione immaginate da lontano –, il protagonista dovrà fare i conti con le derive del desiderio, provando a capire quale sia il suo posto nell'ordine geografico ed emotivo di questi anni irradiati di cortocircuiti tra reale e virtuale, tra immagine ed esperienza incarnata. Quando inizia una relazione con un ragazzo più giovane di lui e bellissimo, si sente finalmente dentro il cono di luce dorata della felicità: ama, ed è corrisposto. Eppure non basta trovarsi nel luogo che si è sempre sognato, non basta l'amore. Si è inchiodati a se stessi, in carne e ossessioni: per riuscire a occupare il proprio posto nel mondo non si può ignorarlo.
Partendo da una attitudine rigorosa, analitica, fenomenologica nei confronti del reale, Bazzi trova sintesi espressive illuminanti e restituisce tutta la potenzialità estetica latente in ogni nostro gesto e manifestazione, disegnando un percorso di formazione ricchissimo e ultracontemporaneo.
Illustrazione di copertina di MP5
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- Rubens
- 23/07/2022
Non ci siamo
E no, si esagera.
Se, leggendo “Febbre”, avevo trovato che l’autore, pur con diversi spunti interessanti, focalizzasse troppo sulla propria biografia conferendosi un’importanza quasi intollerabile, qui si prosegue con l’estenuante Autobiografia 2.0.
È troppo, non ce la si fa: non c’è letteralmente abbastanza vita da raccontare, in 37 anni, per farne due libri senza sembrare irrimediabilmente egocentrico e logorroico.
Va a finire che si racconta in termini altisonanti lo smarrimento del proprio gatto dall’appartamento (davvero!), con dovizia di dettagli e afflato epico paragonabili a un evento avvenuto sul Pequod.
Quasi tutto quello che viene raccontato c’era già nel libro precedente, seppur qui ripetuto e ampliato; viene svelato qualche episodio in più di cui non c’era particolare bisogno, ripresi in mano gli argomenti del primo libro e rimasticati in ordine e con priorità vagamente diverse.
Non riesce nemmeno a risultarmi simpatico, lo scrittore protagonista, che non si fa eccessivo scrupolo di nascondere opportunismo e narcisismo. Preparatevi a leggere di Jonathan, e poi di Jonathan che racconta Jonathan, e poi Jonathan che commenta Jonathan, e ancora e ancora…
Il tutto sommerso di florilegi, in una scrittura che vorrebbe essere rutilante e innovativa, forse per coprire un contenuto scarno e gonfiato, ma risulta presuntuosa e spesso calibrata malissimo. Peggio del resto, le parti romantiche.
In definitiva, ogni libro è giustificato?
Non lo credo, penso ci sia bisogno di contenuto e storie che passano interessare, o istruire, o alla peggio intrattenere il lettore. Che serva maturità nello stile e nel pulire il proprio testo dal superfluo e dall’ego.
Se, nel caso di “Febbre”, lo spunto autobiografico poteva essere interessante (per quanto non del tutto ben sviluppato) per la vicenda medica e di resilienza dell’autore, qui non c’è altro che rimanga.
Destinato insomma ai fan di Bazzi, se tali sono i suoi followers di Instagram. Destinato a chi può essere interessato a leggere la lunga, DETTAGLIATA biografia di un giovane che sputa continuamente sulle proprie origini, lamentandosi a più riprese di essere nato in una famiglia povera e ignorante, in una periferia. E che come riscatto ha l’obiettivo primario di vivere nella Milano cool, di tendere a obiettivi di una classe sociale “superiore”.
L’autore insiste poi sulla celebrazione della cultura pop in quanto superficialità, materialismo, milanesità estetica/social di un certo tipo (che il rumeno sia “lingua di ladri e badanti” non fa ridere, che “Dragostea Din Tei” sia “il principale apporto della Romania alla cultura contemporanea” non fa ridere, e così via); ne viene fuori un ritratto soffocante e ipocrita della città e della comunità gay, ancora attestato su stilemi modaioli, status-simbolici, sessuomani.
Aggiungiamoci uno snobismo relativo al vivere e a comportarsi da milanese, che si sperava estinto negli anni 80 e 90 (tra le altre perle, per la sorellina che vuole iscriversi all’alberghiero prevede un “futuro da serva qualificata”) e a una visione ipocrita e distorta della vita nella grande città, in cui la realtà è piegata, a seconda della necessità, verso uno snobismo classista o verso la critica di una dimensione posh a cui - tutto sommato - il protagonista e il suo compagno sembrano invece aspirare.
Supero la metà con sofferenza; poi, quando questo “ragazzo” che giudica tutti dall’alto in basso mi racconta del curriculum orgogliosamente falsificato al suo ragazzo, dei furti al supermercato (mi spiega con sussiego che “non è furto in presenza di necessità, rubo ai ricchi per dare a me”… ed effettivamente, come permettersi uno stile di fuori dalla propria portata, altrimenti?) e delle lezioni di yoga fatte pagare in contanti per intascarsene in nero una parte, decido di mollare.
Il mio karma non è così pessimo da infliggermi oltre questa tortura.
Sotto, una perla o due di scrittura barocca contemporanea
“I calzari alati, attributo mitopoietico, mi aiutano a sdoppiarmi dalle parole. Falle roteare tra le mani. Esatto, proprio così. Sofisma, giocoleria… e scagliale più lontano che puoi. Quindi librati in volo, dai solo l’illusione di esserne tu la fonte. (…) far leva, demolire tutto. Infilo le mani nella lesione e squarcio di netto il telo di rattoppi che mi separa dal mondo al quale voglio appartenere, tornare”.
“Riunire significato e significante, chiamare le cose col loro nome. E così che le schiere angeliche prendono a suonare i loro strumenti di cristallo, disposte in cerchio su balconate di nuvole trafitte da lance di luce. Sia fatta la mia volontà, il mio personalissimo giorno del giudizio. Crollano le pareti di cartone del penitenziario home made, d’ora in poi sempre libero. Un’intera valle d’amore e riscatto mi attende, sconfinata, rigogliosa. Gli astri nei cieli si riallineeranno a dovere, congiunzione Venere-Giove, L’unica cosa che conta, che ho sempre cercato.”
(Su Goodreads: Ruppe)
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- Sara Mantilaro
- 14/06/2022
.
Pietro Turano fa un lavoro fantastico nella lettura e interpretazione, ma questo nuovo titolo conferma (dopo febbre) che il modo in cui scrive Bazzi non fa per me: ribadire un concetto quattro o cinque volte di fila usando una metafora leggermente diversa, impilare verbi all'infinito sinonimi fra loro per rimarcare un'idea per me rende il testo il contrario di incisivo. l'ho ascoltato quasi tutto per la storia, ma non son riuscita a finirlo. Comunque ammiro la schiettezza con cui mette in campo se stesso come persona nei suoi libri.
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- Nena
- 23/05/2022
Altro capolavoro
Una scrittura che non smette di stupire e ammaliare. Una lettura che esalta il testo così che meglio non si potrebbe. A me è sembrato, per tutto il tempo dell'ascolto, di sentire la voce di Jonathan...
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- PALLANTE P.
- 18/09/2023
Stupendo.
Avrei voglia di leggerlo su carta per rigodermi ogni passaggio ..Gradevole il narratore.Lo consiglio.
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- Utente anonimo
- 26/08/2023
Magnifico
Stupendo è dire veramente poco è molto di più, l’ho ascoltato, ma l’ho riletto di nuovo acquistando questo capolavoro di libro
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- valeria
- 29/06/2023
Molto rumore per nulla
Buon vocabolario ed efficace utilizzo di immagini metaforiche…. La trama è invece data dalla semplice giustapposizione cronologica di fatti irrilevanti trattati con ingiustificata enfasi
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- matteo ferrari
- 09/03/2023
Egoico è dir poco
Primo libro dell'autore che "leggo"... trovato estremamente prolisso, farcito di termini spesso appositamente elevati ma senza necessità.
Non aggiunge nulla, non racconta nulla se non la vita reale o presunta di un giovane che in maniera piuttosto acrobatica si barcamena nella città di Milano, presentata come sogno estremo che diventa quasi assillo.
Si salva il lettore, che non ha però molto contenuto da presentare.
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- Matteo Budelli
- 26/02/2023
Uno stillicidio
All' inizio parte bene, il ritmo è serrato e gli argomenti son tanti, dalla seconda metà in poi sembra che l'unico obiettivo sia riempire pagine.
Complimenti al lettore.
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- Giovanna Errica
- 24/02/2023
Bello
Mi é piaciuto, la lettura molto coinvolgente, unica pecca la registrazione, sopratutto all'inizio faceva uno strano rumore. Ma il libro è bello
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- MAURIZIO R.
- 18/01/2023
Pretenzioso e ordinario
Storia vecchia e letta mille volte: tutto gia` detto (meglio) da Tondelli. Un fallimento esistenziale raccontato con acrobazie lessicali che scivolano spesso nel ridicolo.
La lettura di Turano è buona ma la pesante inflessione romanesca ha poco a che fare con Milano.
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