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Fortunatamente nera
- Il risveglio di una mente colonizzata
- Letto da: Rosanna Sparapano
- Durata: 5 ore e 29 min
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Sintesi dell'editore
Fin da piccola, Nogaye si è chiesta quale fosse il suo posto. Nonostante avesse una casa, una famiglia, degli amici, si è sempre sentita in bilico tra due mondi. Nata in Italia da genitori di origine senegalese, cresciuta in un paesino di provincia, Nogaye ha assorbito tutto il pregiudizio e il rifiuto che la nostra società riserva a chi è “straniero” e ha istintivamente cercato, con tutta se stessa, di appartenere a una maggioranza che la faceva sentire diversa. Per anni ha addotto scuse per non recarsi in Senegal a conoscere la sua famiglia allargata; per anni ha sofferto per il suo aspetto “sbagliato”; per anni si è fatta chiamare con un altro nome, Noghina. Ma Noghina e Nogaye sono due anime della stessa persona, due anime che si sono sfuggite, si sono date battaglia, ma alla fine si sono abbracciate e ricomposte come tessere di un puzzle. Per arrivarci, però, c’è voluto un doloroso quanto liberatorio percorso per smantellare il razzismo interiorizzato nel tempo: un percorso fatto di letture, studi, incontri, esperienze. E, soprattutto, di due viaggi in Senegal che le hanno cambiato la vita. Non solo Nogaye si è riappropriata della sua identità, ma ha trovato l’ispirazione e lo slancio per diventare attivista per i diritti civili e sociali, nonostante l’enorme difficoltà nell’intavolare un dialogo sul razzismo nel nostro paese. In questo libro – che fonde memoir e divulgazione – Nogaye Ndiaye ci propone lo stesso percorso di decostruzione che lei per prima ha fatto, illuminando quelle zone d’ombra che spesso fingiamo di non vedere o addirittura neghiamo.
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Generale
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Lettura
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Storia
- Rubens
- 11/03/2024
Acerbo
Prima una premessa sulla lettura: tremende le parti lette in inglese, incredibilmente mal preparata la lettrice. Un testo dilettantesco, molto basic nelle parti narrative. Non che l’autrice non sia piena di buone intenzioni e di entusiasmo; le tematiche sono tutte perfettamente condivisibili, i punti di vista inattaccabili. È però strutturato in maniera traballante, spesso mal documentato, tutto basato su concetti letti altrove e riportati, senza dati statistici o ricerca alle spalle.
In alcuni tratti proprio scritto francamente malino, e con termini utilizzati in maniera impropria (“genocidio” riferito a un singolo evento bellico, per esempio).
L’alternanza di parti per così dire “saggistiche” e sezioni autobiografiche qui non funziona. Nei resoconti personali, diaristici e spesso poco rilevanti, emerge tutto l’essere acerba dell’autrice; oltre ai contenuti, mancano struttura e costruzione delle sequenze temporali. Soprattutto in queste sezioni, l’inesperienza e la mancanza di competenza letteraria (forse dovute alla giovane età?) si fanno lampanti.
La parte ambientata in Senegal, poi, è troppo personale e superficiale, a tratti turistica.
Il libro può avere rilevanza come testimonianza di una giovane ragazza italiana afrodiscendente, per il resoconto delle proprie esperienze con l’imperante razzismo italiano. Sull’argomento, però, va lasciato spazio ad autrici o autori più preparati, sia per quanto riguarda la forma, che per i contenuti.
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