Disponibile in formato audiolibro su Audible, La fame del cigno è un giallo ironico e amaro con un protagonista irresistibile, che ha già fatto breccia nel cuore degli amanti del genere e non solo. Entriamo nel vivo della storia, del suo contesto e i personaggi che la popolano insieme all’autore, Luca Mercadante.
Partiamo da te, Luca: come ti presenteresti ai lettori che ancora non ti conoscono e in che momento della tua vita e della tua carriera ti trovi?
Rispetto al passato, quello che so è che la scrittura è un non-luogo. Uno spazio che esiste solo mentre lo attraversi. È un viaggio che dura fino al termine della notte, con tutte le sue ombre, le sue rivelazioni e i suoi inganni. All’alba non ti ritrovi niente tra le mani, nessuna certezza, nessun saper fare o segreti del mestiere. La vera differenza, oggi, è che quel viaggio me lo sto godendo. Non cerco più di domarmi o di darmi una direzione precisa, ma neanche brancolo nel buio, perché in quel buio ci vedo benissimo. Quando cala la notte inizia il viaggio e io ho solo una cosa in mente: la nuova storia, il prossimo personaggio da inseguire, la luna alla quale ululare.
La fame del Cigno è uscito il 14 gennaio 2025: che accoglienza ha ricevuto finora?
Sei soddisfatto della reazione del pubblico e della critica? C’è stato qualche commento o recensione che ti ha colpito particolarmente?
La critica e gli addetti ai lavori sono stati fino a qui molto generosi, e questo mi fa senz’altro piacere. Ma quello che davvero mi inorgoglisce è altro: è vedere quanto i librai stiano aiutando La fame del Cigno ad arrivare a più persone possibile, credendo nella storia e consigliandola con passione.
E poi c’è la quantità impressionante di persone che tutti i giorni mi scrive in privato, che condivide impressioni, emozioni, pezzi della propria vita in risonanza con il romanzo. In questo, l’essere stato scelto da una casa editrice come Sellerio è stato fondamentale: non credo esista un altro editore che ti dia un’apertura di credito così ampia. Naturalmente, c’è anche il rovescio della medaglia: quella fiducia è un onore, ma anche una responsabilità.
Domenico Cigno è un personaggio fuori dagli schemi. Come è nato il protagonista del tuo romanzo? Che tipo di detective è e quali sono le sue peculiarità? Ti sei ispirato a qualcuno in particolare?
Sarò scontato ma Domenico Cigno, come tutti gli altri personaggi del romanzo, non è altro che un’espressione di me stesso. Avevo bisogno di una superficie deformante, qualcosa che mi restituisse uno sguardo sconosciuto su di me e sul mondo. Cigno è il riflesso che mi permette di vedermi con occhi diversi, di esplorare parti di me che altrimenti resterebbero nell’ombra. Per questo non ha senso chiedersi se mi sia ispirato a qualcuno in particolare: la verità è che Cigno sono io, così come lo sono tutti i personaggi che popolano la storia. E Castel Volturno, il luogo che li ospita, non è solo un’ambientazione, ma uno specchio. In quello specchio si rifrange un’immagine, e quell’immagine è lui, Domenico Cigno.
Luca Mercadante - fotografia di Felice De Martino
Dopo Presunzione hai deciso di immergerti nel genere giallo.
Cosa ti ha portato a questa scelta? Vedi un filo rosso che collega Presunzione a La fame del Cigno o per te rappresentano due mondi narrativi distinti?
Presunzione e La fame del Cigno condividono molto più di quanto sembri: lo stesso immaginario, la stessa ambientazione, persino molti personaggi potrebbero essere interscambiabili. La vera differenza è il tempo. In Presunzione è il 1994, un’epoca ancora in bilico, dove si poteva parlare di decadenza, di qualcosa che si stava sgretolando sotto i piedi dei personaggi. Con Cigno, invece, siamo trent’anni dopo. Qui non c’è più nulla che sta decadendo, perché tutto è già decaduto. Non si parla più di sogni infranti, ma della realizzazione degli incubi. È lo stesso mondo, solo che ora il disincanto è totale, la luce si è spenta del tutto e quello che resta è un uomo che cerca di muoversi tra le macerie.
Castel Volturno e il litorale domitio: un territorio che ritorna. Hai scelto ancora una volta questa zona come ambientazione del tuo romanzo. Cosa rappresenta per te questo luogo? Quanto della sua realtà si riflette nella storia e nei personaggi?
Castel Volturno non è stata per me una mera ambientazione, un semplice sfondo per una storia. Al contrario, è stata la scintilla, il cuore pulsante da cui è scaturita l'intera narrazione. Non ho scelto Castel Volturno per ambientare una storia, ho scelto una storia che potesse raccontare la mia Castel Volturno, quella che porto dentro, quella che mi ha segnato e che sentivo il bisogno di trasfigurare in finzione.
Vivi ancora in quei luoghi o li osservi da lontano? Se sei andato via, senti nostalgia? Come pensi sia cambiata nel tempo questa “periferia desolata” e le persone che la abitano?
Ormai sono passati dieci anni da quando ho lasciato quei territori, non me ne sono andato troppo lontano. Forse ho messo proprio questa distanza per scriverne. È stato l’allontanamento a permettermi di iniziare a scrivere. Solo quando ho preso le distanze fisiche ed emotive, ho potuto guardare a quel luogo con occhi diversi, con una prospettiva più ampia e distaccata.
La lontananza mi ha dato la possibilità di trasformare il vissuto in narrazione, di plasmare la realtà in finzione. Essere "uno di lì" era un ostacolo, un muro che mi impediva di vedere oltre la superficie. Solo allontanandomi ho potuto superare quel muro e dare voce a una Castel Volturno che non è solo cronaca, ma anche immaginazione, desiderio, "fame del cigno".
È una distanza che mi ha permesso di comprendere meglio le dinamiche sociali, le contraddizioni, le ipocrisie che animano quel territorio. Da qui, ho potuto dare vita a una storia che non è un semplice resoconto, ma un'esplorazione dell'animo umano, un tentativo di svelare le verità nascoste dietro l'apparenza.
Il 18 marzo il romanzo arriva su Audible. Che effetto ti fa sentire la tua storia narrata ad alta voce? Che rapporto hai con gli audiolibri e come pensi che questo formato possa trasformare la percezione del tuo romanzo?
Potrei rispondere: sentire la mia storia narrata ad alta voce è un'esperienza surreale e affascinante. È come se il romanzo prendesse vita in un modo completamente nuovo, come se i personaggi uscissero dalle pagine e si materializzassero nella stanza. La voce del narratore dà un'interpretazione unica alla storia... e bla bla bla, ma verità è molto più semplice: sentire la mia storia narrata ad alta voce è una figata unica!
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