Mi fido di lei - Le parole di Giovanni Falcone copertina

Mi fido di lei - Le parole di Giovanni Falcone

Di: Corriere della Sera
  • Riassunto

  • A trent'anni dalla strage di Capaci, Corriere della Sera realizza con Fondazione con il sud un podcast in 5 puntate scritto da Luca Lancise e Alessandra Coppola. Partendo dal dattiloscritto originale dei 22 pranzi tra Giovanni Falcone e Marcelle Padovani (autrice di "Cose di Cosa Nostra"), il podcast ricostruisce, con le parole stesse di Falcone, la sua capacità di decifrare la mafia, di comprenderla a fondo come uomo e siciliano per poterla lucidamente combattere. Racconta la sua eredità, per lo Stato e le nuove generazioni, attraverso il riutilizzo sociale dei beni confiscati ai mafiosi.
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  • Episodio 5: Quel che resta
    Jul 14 2022
    Segui gli assegni: Giovanni Falcone ne è ossessionato, i colleghi lo deridono e non comprendono. "Passava delle notti intere anche a casa sua con pacchi interi - ricorda la giornalista amica Marcelle Padovani - numerati, con le date, con il destinatario, la banca d'origine". Compilava schede precise su ognuno di questi pezzi di carta. Un assegno in particolare, nel 1984, lo conduce da Palermo a una Banca di Terzigno, Napoli, quindi di nuovo in Sicilia nel mezzo dei rilievi delle Madonie. Un passaggio di soldi che testimonia il legame della mafia con la camorra dei Nuvoletta; ma soprattutto concretamente dimostra come il Papa di Cosa Nostra, Michele Greco, sia entrato illecitamente in possesso del feudo di Verbumcaudo. Ci sono volute due leggi e oltre quarant' anni, ma quel bene oggi è confiscato e riutilizzato. Per la quinta e ultima puntata di "MI fido di lei. Le parole di Giovanni Falcone" ci siamo messi sulla scia di quell'assegno per andare a vedere a che cosa è nato dall'esempio del giudice: dove c'era il terreno di un boss, ci sono adesso 11 ragazzi siciliani che coltivano i pomodori senza acqua, trebbiano il grano per farne pasta, sperimentano vendemmie di Catarratto. Testimoni del Paese diverso che aveva immaginato Falcone.
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    37 min
  • Episodio 4: La fine, l’inizio
    Jul 7 2022
    I corleonesi hanno il controllo di Cosa Nostra, dunque di una buona fetta della Sicilia. Ma a Palermo, lo Stato sta preparando il suo attacco più forte e concreto: sulla base della sentenza-ordinanza del giudice istruttore Giovanni Falcone (assieme al collega Paolo Borsellino), il 16 dicembre 1987 la Corte d’Assise condanna 346 imputati per un totale di 2665 anni di reclusione. “E’ il primo grande processo contro la mafia!” sottolinea Marcelle Padovani. La giornalista francese è tornata sull’isola, gira un reportage, scrive di nuovo un articolo sul giudice “illuminista” che le sta diventando amico. E ancora una volta ne sottolinea “la solitudine”, in particolare dopo il fallito attentato alla casa di vacanza all’Addaura. Il clima per il magistrato è pessimo, non solo per le minacce di Cosa Nostra, ma soprattutto per i veleni interni alla procura, per le allusioni e le insinuazioni che gli rendono il lavoro impossibile. Falcone accetta  il trasferimento a Roma come direttore degli Affari penali al ministero di Giustizia. Ed è in questo contesto di lontananza e isolamento che la mafia mette a punto la sua vendetta: la strage di Capaci, 23 maggio 1992. L’ultima volta che Marcelle lo incontra lui le confessa che tornare in Sicilia è pericoloso: “Ma ho voglia di rivedere la pesca del tonno…”. All’indomani dei funerali, Padovani scrive il suo ultimo servizio su Falcone: “La mort en face”. “Mi sono detta, devo raccontarlo così come l’ho conosciuto; la morte per lui non era un argomento estraneo”. E a Palermo chi ci resta? “Si è istituita una rete di solidarietà, di amicizia, di comune credo negli stessi ideali – sono parole di Falcone -, che sicuramente prescinde dalla mia persona. E che non sarà disperso…”
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    38 min
  • Episodio 3: La mafia ci assomiglia
    Jun 23 2022
    E’ la più equivocata e manipolata delle intuizioni di Falcone: «I mafiosi non sono dei marziani; la mafia non è estranea al tessuto sociale che la esprime». L’unica via per combattere Cosa Nostra, rivendica il giudice, e Marcelle se ne fa interprete, è dunque svelare questa affinità. Riconoscere la razionalità e la logica rigorosa che la caratterizza, capire che funziona al suo interno in base a un sistema di regole e leggi, come se fosse uno Stato, e che si fonda, paradossalmente, su dei valori: il rispetto, la dignità, l’obbligo di dire la verità. Attinti dalle radici siciliane e portati alle estreme, feroci conseguenze. Così Falcone, senza mai perdere la prospettiva dell’uomo di legge, arriva a immedesimarsi nell’uomo d’onore, e non esita a condividere con Marcelle la sua convinzione più radicale: “Se vogliamo combattere efficacemente, la mafia dobbiamo riconoscere che ci assomiglia”. Questa rivelazione arriva al magistrato dall’intensa relazione con i pentiti, in primis Tommaso Buscetta, ma anche Francesco Marino Mannoia e Antonino Calderone. Del pentimento di Calderone racconta il giudice francese Michel Debacq, già capo dell’antiterrorismo, collaboratore di Falcone da Marsiglia, che ricorda come fu agganciato dalla moglie del mafioso e svela il ruolo inaspettato di Buscetta da mediatore: “Con Falcone puoi parlare, perché di Falcone ti puoi fidare”.
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    33 min

Sintesi dell'editore

A trent'anni dalla strage di Capaci, Corriere della Sera realizza con Fondazione con il sud un podcast in 5 puntate scritto da Luca Lancise e Alessandra Coppola. Partendo dal dattiloscritto originale dei 22 pranzi tra Giovanni Falcone e Marcelle Padovani (autrice di "Cose di Cosa Nostra"), il podcast ricostruisce, con le parole stesse di Falcone, la sua capacità di decifrare la mafia, di comprenderla a fondo come uomo e siciliano per poterla lucidamente combattere. Racconta la sua eredità, per lo Stato e le nuove generazioni, attraverso il riutilizzo sociale dei beni confiscati ai mafiosi.
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  • Marco
  • 23/12/2023

Bellissima testimonianza

Una bellissima testimonianza da parte di una sua amica, confidente. Lèggerò a breve il libro.

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Immagine del profilo di angela
  • angela
  • 31/07/2022

Molto bello

È un podcast che andrebbe fatto ascoltare nelle scuole. Uno scorcio sulla vita reale del giudice, raccontato dalla morbida voce di una amica, che con pazienza e onestà intellettuale ha seguito negli anni il lavoro di Falcone. Da ascoltare

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