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La vita non è più una tragedia copertina

La vita non è più una tragedia

Di: Zap Mangusta
Letto da: Zap Mangusta
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  • Riassunto

  • Capitolo VIII - Nietzsche

    Perché abbiamo bisogno di Nietzsche oggi? Perché abbiamo bisogno di qualcuno che ci travolga con la sua passione. Perché ama la musica e scrive divinamente. Perché è lungimirante: dice che siamo governati dal Caos e non dalla Ragione e sinché ci ostineremo a pensare il contrario continueremo a stupirci del fatto che le cose non vadano nel modo "giusto". Perché se la prende con la "religione del lavoro" che ci fa consumare un'enorme quantità di forza nervosa che finiamo col sottrarre all'amore e a tutte le nostre emozioni più vere. Perché ci grida in faccia di fermarci a riflettere: che stiamo obbedendo come un "gregge" agli imperativi di una società che ci chiede di fare tutto ciò che vuole, senza farci troppe domande. Perché è vero che è morto folle, ma è meglio che viverci in quel modo.

    Episodio 5 - La vita non è più una tragedia

    Il primo scritto di Nietzsche, "La nascita della tragedia", si apre con la luttuosa sentenza del Sileno, il figlio del dio Pan, che si diceva fosse il precettore di Dioniso: "Il meglio, per te, uomo, sarebbe quello di non esser mai nato". Complimenti! Diciamolo subito: esistono programmi più allettanti in giro, ma Nietzsche non è uno sciocco e propone subito un rimedio. La cura è lo stesso Dioniso, il dio che sovrintende alle follie del mondo. E Nietzsche ci spiega perché. Quando ci comportiamo normalmente, quando siamo lucidi, dentro di noi prevale la ragione: si riescono a vedere con chiarezza i contorni delle cose, ma non si può andare oltre. Nel momento dell'"ebbrezza" invece si supera il senso del limite, si arriva a toccare più da vicino l'essenza delle cose, che è qualcosa di più profondo dell'apparenza dovuta ai trucchi del "velo di Maja" per utilizzare un'immagine cara a Schopenhauer.

    Dioniso è il dio dell'"Oltre", della rottura, dello spiazzamento. È il dio della notte, in cui tutto è indistinto e non si riesce a vedere la separazione tra le cose. È pure il dio della musica, della imprevedibilità che ci rapisce e ci spinge a superare i nostri limiti. Nella sua prima opera (la più "fortunata"), Nietzsche si propone un piano decisamente ambizioso per un filosofo poco più che ventenne: dimostrare qual è la verità della vita. Che è lontana dall'essere quell'immagine di armonia e di bellezza che ci è stata tramandata dell'età classica: un'ideale di bellezza immutabile che si esprime attraverso l'ordine, l'equilibrio e la proporzione.

    No, Nietzsche respinge questa visione troppo edulcorata e fiabesca, come a suo tempo l'aveva respinta Caravaggio e ce ne propone un'altra, diametralmente opposta: la vita non è un armonico succedersi di eventi contrassegnati dall'inizio di una meravigliosa alba luminosa che via via si stabilizza e si conclude poi nel trionfo dei colori tenui di un tramonto. Non è un tranquillo viaggio in mezzo alla campagna, al contrario, la vita è un guazzabuglio illogico e imprevedibile, un miscuglio metropolitano di toni accesi e colori forti, che si sovrappongono tra loro e si confondono inestricabilmente e dove le cose procedono disordinatamente e MAI in modo coerente. "Gaia Scienza" lo confermerà in modo ancora più radicale: "l'aforisma 125 del folle" annuncia infatti "la morte di Dio" e dichiara che il raggiungimento di una nuova felicità (la "Gaia scienza" per l'appunto) è possibile attraverso l'esercizio di una nuova etica, che si colloca proprio "Al di là del bene e del male".

    ©2021 Audible Originals (P)2021 Audible Studios
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Sintesi dell'editore

Capitolo VIII - Nietzsche

Perché abbiamo bisogno di Nietzsche oggi? Perché abbiamo bisogno di qualcuno che ci travolga con la sua passione. Perché ama la musica e scrive divinamente. Perché è lungimirante: dice che siamo governati dal Caos e non dalla Ragione e sinché ci ostineremo a pensare il contrario continueremo a stupirci del fatto che le cose non vadano nel modo "giusto". Perché se la prende con la "religione del lavoro" che ci fa consumare un'enorme quantità di forza nervosa che finiamo col sottrarre all'amore e a tutte le nostre emozioni più vere. Perché ci grida in faccia di fermarci a riflettere: che stiamo obbedendo come un "gregge" agli imperativi di una società che ci chiede di fare tutto ciò che vuole, senza farci troppe domande. Perché è vero che è morto folle, ma è meglio che viverci in quel modo.

Episodio 5 - La vita non è più una tragedia

Il primo scritto di Nietzsche, "La nascita della tragedia", si apre con la luttuosa sentenza del Sileno, il figlio del dio Pan, che si diceva fosse il precettore di Dioniso: "Il meglio, per te, uomo, sarebbe quello di non esser mai nato". Complimenti! Diciamolo subito: esistono programmi più allettanti in giro, ma Nietzsche non è uno sciocco e propone subito un rimedio. La cura è lo stesso Dioniso, il dio che sovrintende alle follie del mondo. E Nietzsche ci spiega perché. Quando ci comportiamo normalmente, quando siamo lucidi, dentro di noi prevale la ragione: si riescono a vedere con chiarezza i contorni delle cose, ma non si può andare oltre. Nel momento dell'"ebbrezza" invece si supera il senso del limite, si arriva a toccare più da vicino l'essenza delle cose, che è qualcosa di più profondo dell'apparenza dovuta ai trucchi del "velo di Maja" per utilizzare un'immagine cara a Schopenhauer.

Dioniso è il dio dell'"Oltre", della rottura, dello spiazzamento. È il dio della notte, in cui tutto è indistinto e non si riesce a vedere la separazione tra le cose. È pure il dio della musica, della imprevedibilità che ci rapisce e ci spinge a superare i nostri limiti. Nella sua prima opera (la più "fortunata"), Nietzsche si propone un piano decisamente ambizioso per un filosofo poco più che ventenne: dimostrare qual è la verità della vita. Che è lontana dall'essere quell'immagine di armonia e di bellezza che ci è stata tramandata dell'età classica: un'ideale di bellezza immutabile che si esprime attraverso l'ordine, l'equilibrio e la proporzione.

No, Nietzsche respinge questa visione troppo edulcorata e fiabesca, come a suo tempo l'aveva respinta Caravaggio e ce ne propone un'altra, diametralmente opposta: la vita non è un armonico succedersi di eventi contrassegnati dall'inizio di una meravigliosa alba luminosa che via via si stabilizza e si conclude poi nel trionfo dei colori tenui di un tramonto. Non è un tranquillo viaggio in mezzo alla campagna, al contrario, la vita è un guazzabuglio illogico e imprevedibile, un miscuglio metropolitano di toni accesi e colori forti, che si sovrappongono tra loro e si confondono inestricabilmente e dove le cose procedono disordinatamente e MAI in modo coerente. "Gaia Scienza" lo confermerà in modo ancora più radicale: "l'aforisma 125 del folle" annuncia infatti "la morte di Dio" e dichiara che il raggiungimento di una nuova felicità (la "Gaia scienza" per l'appunto) è possibile attraverso l'esercizio di una nuova etica, che si colloca proprio "Al di là del bene e del male".

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