Rudy è ormai un “habitué” di Audible: nel corso del 2019 hanno visto la luce due serie originali firmate da lui, Vita da web e The gamer, ed è stato pubblicato anche l’audiolibro di Condivide et Impera, una delle sue opere di maggior successo, il cui titolo è un po’ il motto di Rudy. Nella varietà dei temi affrontati, tutte queste proposte hanno in comune una cosa: la passione di Rudy per quello che fa, che lui stesso definisce “il lavoro più bello del mondo” e la sua capacità di trasmetterla a chi lo ascolta, in modo semplice, chiaro e divertente. Conosciamolo un po’ meglio...

Ciao Rudy, ci racconti qualcosa di te? Fai come se dovessi scrivere la tipica bio di Twitter in 160 caratteri.

Diciamo che sono uno che fa il lavoro più bello del mondo, l’unico lavoro che vorrebbe fare nella vita, solo che non sa di fatto che lavoro sia!

Sul tuo sito ti definisci “innovatore, autore, relatore, anchorman e docente”; quale di questi aspetti professionali stai potenziando di più ultimamente?

Queste definizioni le ho scritte semplicemente perché dovevo indicare qualcosa in relazione al lavoro che faccio; ma, come ti dicevo sopra, faccio fatica a descrivere il mio mestiere. Sono però convinto che tra tutte queste attività -innovatore, autore, relatore, anchorman e docente- ci sia una forte correlazione, non posso quindi dire di potenziarne particolarmente qualcuna perché poi avverrebbe una sorta di sbilanciamento. Faccio il docente perché mi piace e perché mi porta fatturato ma non direi che è il mio lavoro; condurre eventi mi diverte, le aziende mi chiamano, ma non è l’unica parte della mia professione; se non facessi l’autore, per capirci, non potrei neanche fare il docente ne essere innovatore, perché innovare senza scrivere qualcosa non è possibile; quindi, direi che c’è una sorta di equilibrio tra tutti questi aspetti.

Da dove nasce la tua passione per i videogames? Da adolescente eri uno di quei tipici “nerd” che passava più tempo davanti alla console che a uscire la sera?

No, in realtà da adolescente non ho giocato tanto; da ragazzino sì che ho consumato il Commodore 64, a 11, 12, 13 anni, ma poi per un lungo periodo mi sono dimenticato completamente dei videogiochi, ho avuto altre passioni e passatempi. Mi sono riavvicinato al mondo dei videogames piuttosto tardi, diciamo a 25/30 anni, perché mi ricordavo di quanto mi piacesse un tempo e perché, insieme al mio gruppo di amici storici, abbiamo cominciato a fare dei “LAN party” (eventi in cui due o più videogiocatori si incontrano per giocare in modalità multiplayer in una rete LAN, NDR) la domenica; in pratica, ci trovavamo tutti insieme a casa di uno di noi, ognuno con il proprio computer e il proprio monitor, e giocavamo per 6,7,8 ore… una cosa da matti da raccontare oggi! Da lì ho ricominciato a giocare in maniera assidua, non più casuale, e mi sono anche avvicinato ai videogames da un punto di vista di comunicazione, business e marketing oltre alla passione per il gioco in sé.

Sei campione mondiale di Destiny. Per i non addetti ai lavori che non conoscono il videogioco, ci puoi spiegare un po’ di che si tratta e come sei arrivato ad essere così “pro”?

Credo ci sia un piccolo equivoco (ride)...quando dico che sono campione mondiale di Destiny, mi riferisco al fatto che faccio il fenomeno… significa che ci gioco e ci ho giocato per tantissime ore, almeno 200, e quindi ho raggiunto un grado di potere nel gioco molto alto; mi piace talmente tanto che mi sono tatuato il logo sul braccio sinistro! Ma non sono campione di niente, anzi devo ammettere di essere piuttosto negato per i videogiochi… quello che faccio è giocare sempre a livello base perché all’interno del gioco mi voglio sentire Dio e voglio vincere sempre!

A novembre 2019 è uscito su Audible The Gamer, 12 episodi in cui sei stato affiancato da vari ospiti per parlare del fenomeno videogames; dicci qualcosa di più sulla serie e sui temi trattati.

La serie The Gamer è stata una sfida e un sogno realizzato. Devo dire tanto e tante volte grazie a Fabio Ragazzo (il nostro Content Manager Italia, NDR) per aver avuto questa idea perché, dico la verità, io avevo questa passione ma non mi era mai nemmeno passato per la testa di farci una serie Audible! E poi lui una sera a cena mi ha detto: saresti in grado di scrivere e interpretare una serie su questo tema? Quindi io ho detto cavolo si! (in realtà ho detto CAZZO si! ma non so se lo potete scrivere…), poi ho buttato giù una sorta di traccia di quello che a me sarebbe piaciuto ascoltare e alla fine gli ho dato una forma un po’ particolare; la serie ha infatti la stessa identica struttura di un videogioco: parte da un livello basso con la prima puntata fino ad arrivare alla massima difficoltà nella dodicesima. Il tema iniziale è: i videogiochi fanno bene o male, mentre quello finale tratta il business e il futuro dei videogames, della gamification e delle aziende che si avvicinano a questo mondo. Devo dire che è stata davvero una sfida incredibile perché abbiamo avuto decine e decine di interventi sia in studio che in location esterne e in più, per dirla tutta, io nn ho mai scritto una serie da solo e quindi per me si è trattato di una grande soddisfazione, un prodotto bellissimo di cui sono fiero. E che spero possa diventare, perché no, anche una serie video.

I videogiochi fanno bene o male?

Tra i videogiochi che sono usciti ultimamente, quali sono i tuoi preferiti?

Devo dire che negli ultimi anni sono usciti molti giochi bellissimi. Tra quelli che mi ha colpito di più, anche se non è recentissimo, c’è Detroit: Become Human; in esclusiva per PlayStation, è un gioco davvero straordinario. E poi ce ne sono davvero tanti, tanti altri, faccio fatica a pensare a quello che mi è piaciuto di più, ma ne posso identificare uno che secondo me è il più bello, senza essere il mio preferito: Red Dead Redemption 2. Un capolavoro totale.

Qual è il tuo rapporto con gli audiolibri e come è stata l’esperienza di lettore?

Ho sempre amato tantissimo leggere, sono un lettore avido e lo sono stato ancora di più in passato; quindi non posso non amare anche la forma audiolibro, che però è una modalità alla quale mi sono avvicinato piuttosto tardi e a tutt’oggi in maniera un po’random, non per una questione di scelta ma più che altro di opportunità. L’audiolibro è qualcosa che necessita di una contesto di un certo tipo, per esempio per me è perfetto in automobile. Ci sono periodi in cui faccio tantissime ore in macchina e ascolto un sacco di audiolibri e momenti invece in cui sono impegnato con eventi e formazione, in cui ho pochissimo tempo per poter gestire uno spazio acustico tutto mio. Però devo dire che alcuni audiolibri sono veramente straordinari, riescono a farti entrare in modo incredibile nelle storie che raccontano. Penso a La Piena per esempio, che a me ha sconvolto la vita completamente. Prodotti belli a livello di trama, interpretazione e ambientazione.

Chiudiamo con uno “scoop”. Ci dici secondo te quale sarà la più grande innovazione nel settore del web dei prossimi anni?

Lo so che potrebbe sembrare una stupidaggine o pura piaggeria, ma in realtà penso davvero che i videogames saranno, nella loro forma più ampia, i protagonisti della prossima rivoluzione sia culturale che tecnologica, per diversi motivi molto semplici. Il primo è una banale questione di mercato: i videogiochi hanno un mercato enorme che adesso è molto giovane ma è letteralmente in esplosione, sta crescendo in maniera vertiginosa; il secondo è che ci sono tecnologie straordinarie alla base di questi prodotti, che permettono di fare cose che possono essere esportate in altri settori; il terzo motivo è che secondo me andiamo verso un mondo in cui apprendimento e lavoro dovranno essere un connubio tra impegno e divertimento, quello che viene definito “infotainment”, ovvero intrattenimento e informazione. Non possiamo pensare di continuare a cliccare su dei link o a leggere dei libri per il resto della nostra vita, dobbiamo trovare delle nuove strade per “gamificare”, per rendere le cose più divertenti e più fluide, efficaci ed efficienti possibile. Credo che i videogiochi avranno tantissimo da insegnarci in questo settore, ma dobbiamo sdoganare il concetto che siano solo giochini per “bimbiminchia” e riconoscere che si tratta di cose molto serie.