Storia di un impiegato. Il podcast. copertina

Storia di un impiegato. Il podcast.

Di: FaberDeAndre.Com
  • Riassunto

  • Il 2 ottobre del 1973 usciva "Storia di un impiegato", il primo concept album di Fabrizio De André basato su un soggetto del tutto originale. A 5o anni dall'uscita viene proposto un podcast curato da Pietro Cesare che analizza, uno per uno, tutti i brani dell'album "Storia di un impiegato". Il concept-album, l’album a tema che accoglie il dipanarsi dell’intera vicenda del protagonista del titolo, è ispirato a fatti di cronaca di quel particolare momento storico in cui fu scritto: nella fattispecie, a quelli del maggio francese del ‘68.
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  • Nella mia ora di libertà. Storia di un impiegato, il podcast.
    Dec 4 2023

    Nata, in un primo momento col titolo "Canzone dal carcere", costituisce il definitivo scioglimento narrativo, la conclusione dell’intera vicenda, riprendendo, musicalmente, i motivi di apertura, per ritornare, parafrasando un’espressione del brano precedente, dopo l’amore, alle carezze... dell’utopia che, sosteneva De André, assieme all’innocenza e alla solidarietà, è oggetto d’invidia da parte del potere nei confronti degli umili.

    Con la presa di coscienza di una nuova visione per la realizzazione del sogno, l’ex colletto bianco acquista una nuova consapevolezza, che lo porta a considerare con maggiori possibilità di successo l’azione collettiva piuttosto che quella individuale. L’incipit, “é cominciata un’ora prima e un’ora dopo era già finita”, sembra quasi la risposta a “La ricreazione è finita!”, l’espressione usata da De Gaulle allo sfumare del movimento. In un solo mese, quella fiammata libertaria, com’è noto, si spense. Ma durante questa “ricreazione”, quest’ora di libertà, questo brevissimo lasso di tempo in cui poter respirare la stessa aria dei secondini, il protagonista dell’album scopre la parola “collettivo” e la sua importanza. Il Sessantotto, “se non del tutto giusto, quasi niente sbagliato”, palesò, per certi versi, che lo Stato basato sui privilegi per far posto allo Stato di diritto non era ancora finito e lì, in quel luogo di costrizione, in cui a certi parametri sono tutti uguali, egli trova, quindi, il senso di appartenenza ad una comunità, in cui l’io diventa noi.

    Questa ed un sacco di altre cose l’ex impiegato ha imparato “in mezzo agli altri, vestiti uguali”: ad esempio, che non esistono poteri buoni, citando Evtušenko e il suo Stenka Razin, capocosacco protagonista de La centrale di Bratsk e della rivolta cosacca del 1670, una sorta di Masaniello russo, propugnatore di principi egualitari e dell’abolizione della schiavitù e dei privilegi.

    [...]

    Questa è, a grandi linee, la storia di Storia di un impiegato, con qualche piccolo dietro le quinte. Un album che, nonostante le critiche, ebbe il suo successo. La collaborazione tra i vari coautori, ancorché l’album fu seguito da una tournée, non proseguì ma, artisticamente l’album rappresentò una svolta, per De André. Proprio come il protagonista del disco, infatti, nel frattempo, il Faber nazionale abbandonerà la sua vena individualistica: “… non ne potevo più di fare il piccolo Leopardi chiuso in casa a farsi venire la gobba…”, dirà all’alba del tour che ne seguì due anni dopo.

    Per cui, di lì in avanti cercherà sempre altri autori e collaboratori: De Gregori, PFM, Bubola, Pagani, con il quale approderà alla svolta etnica, Piero Milesi, Ivano Fossati, per citarne alcuni.

    [...]

    Della sua romantica utopia resta, non ultimo, il seguente lucido pensiero: “Aspetterò domani, dopodomani e magari cent’anni ancora finché la signora Libertà e la signorina Anarchia verranno considerate dalla maggioranza dei miei simili come la migliore forma possibile di convivenza civile, non dimenticando che in Europa, ancora verso la metà del Settecento, le istituzioni repubblicane erano considerate utopia”.

    In conclusione, possa rimanere una duplice consapevolezza: quella che, a ripercorrerlo, basta comunque il libretto interno a cura di Dané, spesso citato in queste puntate, e quella del fatto, come scrisse lo stesso De André a Villon, uno dei suoi tanti punti di riferimento culturali ben precisi, in una lettera immaginaria, “… che quando si tratta di poeti è meglio lasciar parlare loro e non perdere troppo tempo nel tentativo di spiegarli”.

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  • Verranno a chiederti del nostro amore. Storia di un impiegato, il podcast.
    Nov 2 2023

    In origine recava un altro titolo, Lettera alla donna, ed è una lettera che dal carcere dove è stato rinchiuso, l’ex-impiegato scrive all’indirizzo della sua donna. Insieme al brano successivo, costituisce lo scioglimento narrativo dell’intera vicenda, degradando inesorabilmente verso il finale ultimo e definitivo; ma questo momento ne interrompe e ne addolcisce per un attimo il corso.

    Partorita per esaudire la sua intenzione di scrivere, del Sessantotto, con un intento più poetico, su di essa dirà:“è venuta spontanea, forse perché mi ero accorto che il disco era arido, senza umanità”, ed è anche un brano in cui emerge quel motivo per cui De André si doleva di aver scritto l’album, nel momento in cui sembra di insegnare ad un altro come comportarsi.

    E dal carcere dove ora è rinchiuso, a seguito del fallito attentato, l’impiegato inizia a prefigurarsi anche come la stampa si scaglierà su di lei per sbattere, come si suol dire, il mostro in prima pagina. Cosa lei risponderà di lui, cosa dirà sul suo conto? Ricorderà di come non siano riusciti a cambiarsi reciprocamente ma di come saranno stati condizionati dall’ambiente in cui vivevano.

    Inanellando i ricordi dei vissuti insieme dai due, ecco un affresco in cui vengono alla luce, seppur mediati dal tema amoroso, nel tessuto narrativo che così continua ad allargarsi e ad ampliarsi, altri generi di rivendicazioni verso altri generi di autoritarismo.

    Tasselli fondamentali delle lotte, infatti, furono anche quello sentimentale, la rivoluzione sessuale e quella femminista contro la presunta superiorità dell’uomo, in quel periodo storico in cui ancora vigeva il delitto d’onore. E poi c’è il benessere borghese, col suo potere corruttivo, a pesare come un macigno, “come una pietra al collo”, sulla loro relazione in cui si insinua, cercando di voler cambiare i loro ideali iniziali… riuscendoci. Il riserbo e il tatto dei racconti deandreiani qui si fondono con gli abbellimenti melodici di Piovani a sottolineare la condizione di stanca e di consunzione della relazione e di promesse, che vanno a corrente alternata e spesso sono destinate a spegnersi… nelle pieghe di riferimenti e allusioni, anche intimi, della vita di coppia che si combinano con un motivo melodico lineare che non si espande, si inviluppa, non riesce ad esprimersi compiutamente e non mette le ali, proprio come l’amore dei due protagonisti.

    È la sola canzone dell’album che riproporrà durante i concerti, a parte la prima tournée che seguirà l’album, in cui Storia di un impiegato sarà riproposto per occupare l’intero primo tempo dello spettacolo.

    [...]

    Se, nell’album, la donna cui si rivolge è senza dubbio quella dell’impiegato, sono emerse perplessità su chi ne fosse l’ispiratrice nella realtà. Fuori dal gossip, a detta di Fabrizio, “l’ho scritta per la mia ragazza di allora, che poi è la stessa per la quale ho composto Giugno ‘73. Non è né la mia prima moglie né Dori, ma una donna di cui sono stato molto innamorato”.

    [...]

    Nei versi conclusivi, alla stregua di quanto operato nel sogno dal giudice nei suoi confronti, nella realtà è il protagonista ad esortare lei ad una scelta. Se già in precedenza ha avuto modo di invitarla a riflettere sul senso di una relazione amorosa, se la stessa debba valere per quello che è o meramente per avercela garantita, nel finale c’è il tempo per un’esortazione e una richiesta al contempo ad una scelta coscienziosa, già difficile di per sé per l’incertezza che la caratterizza, mettendo la destinataria, indirettamente, soprattutto in guardia dai compromessi.

    In una scelta d’amore, si sa, entrano in gioco i fattori più svariati: intesa, complicità, passione, poesia… e l’amore, come ricordano una canzone francese di quel periodo e, in seguito, Fromm nel suo Avere o essere?, è figlio, non a caso, della libertà, fine non ultimo del disordine di quei sogni, sostanziati anche d’amore.

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    Podcast curato da Pietro Cesare


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  • Il bombarolo. Storia di un impiegato, il podcast.
    Oct 2 2023

    Il flusso narrativo dell’album, anche musicalmente, subisce una battuta d’arresto e dal sogno si passa alla realtà con questo che rappresenta lo spannung dell’intera narrazione, il momento di massima tensione, il momento cruciale che porterà De André anche ad una maggiore attenzione da parte Servizi segreti.

    Dai documenti ufficiali del Sisde degli anni ‘70 si possono leggere i seguenti stralci: “… identificare il De André Fabrizio e fornire informazioni sul suo conto direttamente al Ministro (…) viaggia sempre accompagnato dalla moglie, in spostamenti continui e sospetti, tra Genova e Milano (…) trattasi di appezzamento di terreno in località Tempio Pausania, dove il De André intenderebbe istituire una comune per extraparlamentari di sinistra, grazie a contatti anarchici e filocinesi”.

    [...]

    E fa sorridere anche al pensiero che lo stesso De André aveva già scritto, anni prima, La guerra di Piero, un fondamentale manifesto pacifista. Piovani non sarà l’unico a pensarlo. Fernanda Pivano lo definirà “il dolce menestrello che per primo ci ha fatto le sue proposte di pacifismo, di non violenza, di anticonformismo, che sono tutte annidate nei nostri cuori…”.

    Scrive Dané: “L’impiegato sa cosa fare, sa dove andare, sa chi deve colpire e perché. Va dritto al Parlamento a gettare una bomba vera per ammazzare gente vera, ma la sua abilità era soltanto un sogno: la bomba rotola giù verso un’edicola dei giornali e l’unica cosa che lo colpisce è, come una previsione, la faccia della sua stessa fidanzata che sta su tutte le pagine dei giornali”.

    E così l’attentato fallisce, al ritmo di una marcia che sottolinea il suo incedere regolare e attento in direzione del “luogo idoneo adatto al suo tritolo, del posto degno del bombarolo”, suo vero obiettivo. Ma solo nell’utopia, ossia nel non luogo del sogno. Nel concretizzarla, la sua azione per un qualche imprevisto va a rotoli, l’epilogo è un fallimento, l’azione del “trentenne disperato” fallisce.

    [...]

    Ma il suo anarchismo, derivante dalle letture di Bakunin, Stirner, Brassens, per citarne alcuni, è rinvenibile in questi suoi pensieri: “Direi d’essere un libertario, una persona estremamente tollerante. Spero perciò d’essere considerato degno di poter appartenere ad un consesso civile perché, a mio avviso, la tolleranza è il primo sintomo della civiltà, deriva dal libertarismo. Se poi anarchico l’hanno fatto diventare un termine negativo, addirittura orrendo… anarchico vuol dire senza governo, anarché… con questo alfa privativo ... vuol dire semplicemente che uno pensa di essere abbastanza civile per riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia (visto che l’ha in se stesso), le sue stesse capacità. Mi pare così vada intesa la vera democrazia. […] Ritengo che l’anarchismo sia un perfezionamento della democrazia”.

    Viceversa, rivendicando le istanze riformistiche che scendevano in piazza e loro il democratico diritto di manifestare, grazie al quale si esprimevano i movimenti di quegli anni, sul fenomeno del terrorismo, che cominciava a prendere piede, De André dichiarò: “il terrorismo è stata la vera esasperazione: il Sessantotto che ho vissuto io era un’epoca ricca di fantasia e ha fatto del bene. Le Brigate rosse no, se avessero vinto, oggi staremmo peggio”.


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    7 min

Sintesi dell'editore

Il 2 ottobre del 1973 usciva "Storia di un impiegato", il primo concept album di Fabrizio De André basato su un soggetto del tutto originale. A 5o anni dall'uscita viene proposto un podcast curato da Pietro Cesare che analizza, uno per uno, tutti i brani dell'album "Storia di un impiegato". Il concept-album, l’album a tema che accoglie il dipanarsi dell’intera vicenda del protagonista del titolo, è ispirato a fatti di cronaca di quel particolare momento storico in cui fu scritto: nella fattispecie, a quelli del maggio francese del ‘68.
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