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Quegli intellettuali che rimossero la propria gioventù copertina

Quegli intellettuali che rimossero la propria gioventù

Di: Federico Fubini
Letto da: Federico Fubini
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  • Riassunto

  • Federico Fubini, giornalista, autore, osservatore della società contemporanea e cronista dei grandi eventi della crisi finanziaria e della pandemia per le pagine di Repubblica e del Corriere della Sera, accompagna gli ascoltatori in un viaggio nella parabola dello sviluppo italiano degli ultimi novant'anni, a partire dalla risposta del regime fascista alla Grande depressione fino ai nostri giorni. L'intero percorso è un'indagine alla ricerca di indizi sulle radici, le cause e le strutture psicologiche e sociali del paese che possano fare luce sul presente che viviamo. Non è solo un percorso nella storia dell'economia, ma anche della cultura e della psicologia italiane, collegate all'economia da fili sotterranei, che a volte restano nell'ombra ma che Federico cerca di riportare alla luce.

    Lo scopo della serie è porre e cercare di rispondere ai grandi interrogativi dei nostri anni: perché un Paese come l'Italia, dotato di storia, cultura, bellezza, talento, spirito imprenditoriale, di una moneta di riserva internazionale, con libero accesso ai mercati internazionali e con una solida rete di alleanze ha smesso di crescere negli ultimi trent'anni? C'è qualcosa di inadeguato nella nostra società, qualcosa che è andato storto nel passaggio da una generazione all'altra negli ultimi decenni? Com'è possibile che, mentre tutto cambia intorno a noi, l'Italia rimanga ferma, come prigioniera di un incantesimo che la condanna a non crescere più? Una serie podcast per cercare di gettare un po' di luce su questo vero e proprio mistero che coinvolge tutti noi e per ripartire con uno spirito nuovo.

    Un podcast prodotto da Frame-Festival della Comunicazione per Audible Original.

    Quegli intellettuali che rimossero la propria gioventù

    Nel passaggio dalla dittatura alla democrazia numerosi italiani di spicco passarono da un regime all'altro con grande disinvoltura. Si pensi a Indro Montanelli, autore de "Il buonuomo Mussolini", ad Amintore Fanfani, firmatario del "Manifesto della razza" o a Gaetano Azzariti, secondo presidente nella storia della Corte Costituzionale che era stato presidente del Tribunale della razza. Per non parlare del passato fascista "dimenticato" da un gran numero di intellettuali di sinistra: Eugenio Scalfari, Giorgio Bocca, Norberto Bobbio, Dario Fo e molti altri.

    La rimozione dei percorsi personali e il processo di "dolcificazione" della realtà del fascismo, al quale proprio Montanelli dette un contributo decisivo, ha favorito molte omissioni e consentito a molti ex fascisti di avere una carriera politica, culturale o burocratica nell'Italia del dopoguerra. Non c'è niente di male in sé: cambiare idea è legittimo; ed è inevitabile che nelle transizioni una parte del ceto dirigente del vecchio sistema filtri nel nuovo.

    Ciò che però distingue l'Italia dalla Germania, per esempio, è l'opacità. Nessuno di questi personaggi ha mai fatto i conti con le proprie scelte di gioventù, nessuno le ha mai raccontate in maniera onesta; di tutti si sono sapute le compromissioni solo quando altri le hanno scoperte decenni più tardi. E anche allora le spiegazioni dei grandi intellettuali sono state lacunose.

    Fubini ci aiuta a capire perché questa ambiguità è gravata sul percorso dell'Italia repubblicana. A differenza della Germania, il paese non ha fatto i conti con il totalitarismo. Non essendosi defascistizzata fino in fondo, l'Italia repubblicana ha dunque continuato a temere sempre nuove insorgenze di autoritarismo. E non riuscendo a battere culturalmente il proprio passato, ha cercato di invalidarlo impedendo a qualunque leader di assumere reale forza politica. Si sono create così le condizioni per governi deboli, che condannano spesso il paese alla paralisi.

    ©2021 Audible Originals (P)2021 Audible Studios
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Sintesi dell'editore

Federico Fubini, giornalista, autore, osservatore della società contemporanea e cronista dei grandi eventi della crisi finanziaria e della pandemia per le pagine di Repubblica e del Corriere della Sera, accompagna gli ascoltatori in un viaggio nella parabola dello sviluppo italiano degli ultimi novant'anni, a partire dalla risposta del regime fascista alla Grande depressione fino ai nostri giorni. L'intero percorso è un'indagine alla ricerca di indizi sulle radici, le cause e le strutture psicologiche e sociali del paese che possano fare luce sul presente che viviamo. Non è solo un percorso nella storia dell'economia, ma anche della cultura e della psicologia italiane, collegate all'economia da fili sotterranei, che a volte restano nell'ombra ma che Federico cerca di riportare alla luce.

Lo scopo della serie è porre e cercare di rispondere ai grandi interrogativi dei nostri anni: perché un Paese come l'Italia, dotato di storia, cultura, bellezza, talento, spirito imprenditoriale, di una moneta di riserva internazionale, con libero accesso ai mercati internazionali e con una solida rete di alleanze ha smesso di crescere negli ultimi trent'anni? C'è qualcosa di inadeguato nella nostra società, qualcosa che è andato storto nel passaggio da una generazione all'altra negli ultimi decenni? Com'è possibile che, mentre tutto cambia intorno a noi, l'Italia rimanga ferma, come prigioniera di un incantesimo che la condanna a non crescere più? Una serie podcast per cercare di gettare un po' di luce su questo vero e proprio mistero che coinvolge tutti noi e per ripartire con uno spirito nuovo.

Un podcast prodotto da Frame-Festival della Comunicazione per Audible Original.

Quegli intellettuali che rimossero la propria gioventù

Nel passaggio dalla dittatura alla democrazia numerosi italiani di spicco passarono da un regime all'altro con grande disinvoltura. Si pensi a Indro Montanelli, autore de "Il buonuomo Mussolini", ad Amintore Fanfani, firmatario del "Manifesto della razza" o a Gaetano Azzariti, secondo presidente nella storia della Corte Costituzionale che era stato presidente del Tribunale della razza. Per non parlare del passato fascista "dimenticato" da un gran numero di intellettuali di sinistra: Eugenio Scalfari, Giorgio Bocca, Norberto Bobbio, Dario Fo e molti altri.

La rimozione dei percorsi personali e il processo di "dolcificazione" della realtà del fascismo, al quale proprio Montanelli dette un contributo decisivo, ha favorito molte omissioni e consentito a molti ex fascisti di avere una carriera politica, culturale o burocratica nell'Italia del dopoguerra. Non c'è niente di male in sé: cambiare idea è legittimo; ed è inevitabile che nelle transizioni una parte del ceto dirigente del vecchio sistema filtri nel nuovo.

Ciò che però distingue l'Italia dalla Germania, per esempio, è l'opacità. Nessuno di questi personaggi ha mai fatto i conti con le proprie scelte di gioventù, nessuno le ha mai raccontate in maniera onesta; di tutti si sono sapute le compromissioni solo quando altri le hanno scoperte decenni più tardi. E anche allora le spiegazioni dei grandi intellettuali sono state lacunose.

Fubini ci aiuta a capire perché questa ambiguità è gravata sul percorso dell'Italia repubblicana. A differenza della Germania, il paese non ha fatto i conti con il totalitarismo. Non essendosi defascistizzata fino in fondo, l'Italia repubblicana ha dunque continuato a temere sempre nuove insorgenze di autoritarismo. E non riuscendo a battere culturalmente il proprio passato, ha cercato di invalidarlo impedendo a qualunque leader di assumere reale forza politica. Si sono create così le condizioni per governi deboli, che condannano spesso il paese alla paralisi.

©2021 Audible Originals (P)2021 Audible Studios

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Storia
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