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La profezia di Giacomo Leopardi sull'Italia di oggi
- La porta sbagliata 10
- Letto da: Federico Fubini
- Durata: 59 min
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Sintesi dell'editore
Federico Fubini, giornalista, autore, osservatore della società contemporanea e cronista dei grandi eventi della crisi finanziaria e della pandemia per le pagine di Repubblica e del Corriere della Sera, accompagna gli ascoltatori in un viaggio nella parabola dello sviluppo italiano degli ultimi novant'anni, a partire dalla risposta del regime fascista alla Grande depressione fino ai nostri giorni. L'intero percorso è un'indagine alla ricerca di indizi sulle radici, le cause e le strutture psicologiche e sociali del paese che possano fare luce sul presente che viviamo. Non è solo un percorso nella storia dell'economia, ma anche della cultura e della psicologia italiane, collegate all'economia da fili sotterranei, che a volte restano nell'ombra ma che Federico cerca di riportare alla luce.
Lo scopo della serie è porre e cercare di rispondere ai grandi interrogativi dei nostri anni: perché un Paese come l'Italia, dotato di storia, cultura, bellezza, talento, spirito imprenditoriale, di una moneta di riserva internazionale, con libero accesso ai mercati internazionali e con una solida rete di alleanze ha smesso di crescere negli ultimi trent'anni? C'è qualcosa di inadeguato nella nostra società, qualcosa che è andato storto nel passaggio da una generazione all'altra negli ultimi decenni? Com'è possibile che, mentre tutto cambia intorno a noi, l'Italia rimanga ferma, come prigioniera di un incantesimo che la condanna a non crescere più? Una serie podcast per cercare di gettare un po' di luce su questo vero e proprio mistero che coinvolge tutti noi e per ripartire con uno spirito nuovo.
Un podcast prodotto da Frame-Festival della Comunicazione per Audible Original.
La profezia di Giacomo Leopardi sull'Italia di oggi
Nel 1824, a soli 26 anni, Giacomo Leopardi scrive un breve saggio: "Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani". Le parole del poeta suonano profetiche, per molti aspetti: "Le classi superiori d'Italia sono le più ciniche di tutte le loro pari nelle altre nazioni (...). La nazione italiana unisce la vivacità naturale all'indifferenza acquisita verso ogni cosa e al poco riguardo verso gli altri cagionato dalla mancanza di società, che non li fa curare granché della stima e dei riguardi altrui". In sostanza, ciascuno si comporta in maniera profondamente individualistica. Troppa gente pensa di potersela cavare anche se il sistema è crivellato dai piccoli opportunismi e dalla ricerca delle piccole posizioni di rendita, dalle corporazioni chiuse e organizzate a spese della collettività.
Quali sono le conseguenze, se Leopardi ci aveva visto giusto? In parte, sono in quello che Tullio De Mauro definisce il più grave peccato commesso dall'élite del paese dall'unificazione ai giorni nostri: il disinteresse per l'istruzione degli italiani, che impedirà in un secolo e mezzo di recuperare il ritardo educativo iniziale. Nel nostro tempo queste contraddizioni finiranno per risolversi solo grazie una sorta di valvola di sicurezza, che distingue l'Italia da qualunque democrazia occidentale: quando i politici e i partiti non riescono più ad affrontare i problemi, fuggono dalle responsabilità e cedono le chiavi del governo ai "tecnici". Questi ultimi servono il paese al meglio. Ma restano circondati, tutto intorno, da un establishment cinico come quello intuito da Leopardi.