Alexandra Reynaud
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Alexandra Reynaud

Alexandra Reynaud è nata nel 1979 a Salon-de-Provence, in Francia, in una famiglia fuori dal comune. Ha scoperto di essere una persona ad alto potenziale intellettivo a 29 anni, dopo che tale caratteristica era stata individuata nel figlio, allora di quattro anni. In seguito ha ricevuto la diagnosi di sindrome di Asperger - una forma di autismo senza disabilità intellettiva né ritardo del linguaggio - associata a quell’Alto Potenziale Intellettivo (API) già identificato in precedenza. È la fondatrice dei blog «Les Tribulations d’un Petit Zèbre» («Le tribolazioni di una piccola zebra») e «Les Tribulations d’une Aspergirl» («Le tribolazioni di una ragazza Asperger»), dove per oltre nove anni ha condiviso esperienze di vita quotidiana e contenuti informativi sui profili neuroatipici: l’API (anche noto come plusdotazione, riferito a un QI elevato o molto elevato), i Disturbi dello Spettro Autistico (ASD), il Disturbo da Deficit di Attenzione con o senza Iperattività (ADHD) e i disturbi dell’apprendimento comunemente definiti “Dys”. A metà degli anni 2010 ha pubblicato il suo primo libro con l’editore Eyrolles: «Les Tribulations d’un petit zèbre: Épisodes de vie d’une famille à haut potentiel intellectuel.» Nel 2017, con «Asperger et fière de l’être: Voyage au cœur d’un autisme pas comme les autres», Alexandra Reynaud è diventata la prima donna autistica francese a pubblicare da sola - senza coautore - una testimonianza sul proprio percorso diagnostico, su come il disturbo influisca sul quotidiano e su ciò che la sua differenza le offre. Dopo alcuni anni come conferenziera, ha lasciato blog e incontri pubblici per tornare all’università e dedicarsi alla ricerca. Oggi vive in un villaggio della montagna bourbonnese, nella regione dell’Alvernia, e si dedica interamente alla scrittura. Donna Asperger, oggi unisce due ruoli: quello di autrice e romanziera, e quello di dottoranda. Il titolo della sua tesi è: «L’autismo esiste davvero? Esplorazione ontologica e rottura epistemologica ai confini della “neurodiversità”.»
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